CURIOSITA' ASTRONOMICHE
Ultimo aggiornamento Martedì 30 Novembre 1999 01:00 | | Stampa | | E-mail
La sonda Exomars Per il mese di marzo 2021 era previsto l’atterraggio sul suolo marziano
della sonda Exomars, realizzata dalla collaborazione tra l’Agenzia Spaziale
Europea ESA e la russa Roscosmos. La missione è stata in seguito rinviata al
2022/2023. La sonda, che a sua volta si compone di due moduli, un lander il cui compito è analizzare le
condizioni atmosferiche e la distribuzione del ghiaccio sotto la superficie ed
un rover che invece, dopo
l'atterraggio, si sgancerà e discenderà sul Pianeta Rosso da una delle due
rampe, studierà pressione, temperatura, irraggiamento, campo magnetico ed
eventuali variazioni stagionali del pianeta, indipendentemente o in coppia col lander, per almeno un anno. Il lander, alimentato da celle
fotovoltaiche, dovrebbe avere un’autonomia che gli permetterà di percorrere
almeno 70 metri per ogni giorno marziano (che dura 40 minuti più di quello
terrestre). La missione è la sorella minore di Exomars 2016, la missione che recava a
bordo lo sfortunato lander
Schiaparelli, sfracellatosi a poche centinaia di metri dal suolo, il 19
ottobre. Il rover Perseverance Per restare
in tema di missioni marziane, lo scorso anno dalla base di Cape Canaveral la
NASA ha lanciato il rover Mars 2020
Perseverance. Al momento in cui scriviamo non sappiamo esattamente il giorno,
ma la finestra di lancio si colloca fra il 17 luglio ed il 5 agosto, per
atterrare nel febbraio di questo anno. Il sito scelto per l’atterraggio è il cratere
marziano Jezero. La missione avrà durata pari
ad almeno un anno marziano (quasi due anni terrestri) e lo scopo sarà di raccogliere
campioni da riportare a Terra successivamente. Con questi
dati sarà possibile studiare l’abitabilità futura del pianeta e le eventuali
tracce di vita passata, con maggior efficacia di quanto fatto in passato. Per un certo
periodo, a titolo completamente gratuito, la NASA aveva messo a disposizione la
possibilità di iscriversi. Chi l’ha fatto ha oggi il proprio nome memorizzato
su un microchip a bordo della sonda e
destinato a restare sul Pianeta Rosso. Le Superlune
del 2021 Col termine Superluna si indica la particolare configurazione orbitale per
cui la Luna si trova ad essere piena il più vicino possibile al passaggio dal
perigeo, il punto più vicino alla Terra, risultando quindi più grande. In
questa coincidenza la Luna irradia effettivamente una maggiore luce sul nostro
pianeta, ma la differenza di luminosità ad occhio nudo è praticamente
irrilevante. Basta una piccola velatura del cielo per perdere alcune
magnitudini. Quest’anno avremo due scialbe Superlune, il 28 marzo ed il 24 giugno, ed altre
due ottime, una il 27 aprile, in cui il passaggio al perigeo avverrà 11 ore e
52 minuti dopo il plenilunio, e un’altra nella notte fra il 25 ed il 26 maggio;
stavolta il passaggio al perigeo sarà 9 ore e 32 minuti prima dell’istante di
plenilunio. Al massimo dei quattro avvicinamenti dell’anno passerà ad appena
357453 km dalla Terra, un primato che solo nella Superluna del 13 luglio 2022
verrà superato. Per gentile concessione del nostro Astronomo. |
IL GENIO
Ultimo aggiornamento Lunedì 23 Marzo 2020 17:25 | | Stampa | | E-mail
A tutti sarà sicuramente capitato di desiderare fortemente qualcosa. Tutti abbiamo dei sogni nel cassetto, delle cose che vorremmo
ottenere, fare o identità che vorremmo rispecchiare. In quei momenti o ci
rivolgiamo a qualche forza soprannaturale o pensiamo a quanto sarebbe bello
avere la lampada di Aladino, con un genio che ci
aiuti a raggiungere tutti i nostri scopi senza far fatica. Nella favolistica collegata alle Mille e una notte, Aladino libera un Genio da una lampada, al cui interno è rimasto prigioniero, in cambio
dell'accoglimento di tutti i suoi desideri. Nella tradizione araba e musulmana, il suo vero
nome non è "genio", ma jinn o djinn. Il termine jinn, spesso tradotto come genio e, approssimativamente, goblin o folletto, indica, nella religione preislamica e in quella musulmana, un'entità soprannaturale, intermedia fra mondo angelico e umanità, che ha per lo più carattere maligno, anche se in certi casi può esprimersi in maniera del tutto benevola e protettiva. L'etimologia della parola è stata a lungo discussa.
Alcuni studiosi fanno derivare il
jinn dal Genius della mitologia romana,
altri dalla radice linguistica aramaica che
significa "nascondersi, occultarsi". È da notare,
inoltre, come il termine stesso si avvicini foneticamente a Gehenna,
il luogo infuocato immaginato dall'Ebraismo dove le anime cattive sarebbero state purificate. Usualmente,
quando il termine Genio (dal latino genius, sostantivo derivato dal verbo geno “generare", "creare",
quindi "forza naturale produttrice"), si riferisce all'uomo, si intende quella speciale attitudine naturale innata
dell'animo, atta a produrre
opere di importante rilevanza artistica, scientifica, etica o sociale. L'artista, proprio in
quanto genio, non sa che cosa
l'abbia portato a creare la sua opera: “...nessun Omero,
nessun Wieland può mostrar come facciano a sorger ed a comporsi
nel suo cervello le sue idee, ricche sia di fantasia che di pensiero; perché,
non sapendolo egli stesso, neppure può insegnarlo ad altri.”. L'artista geniale è colui che può costituire con la sua opera il modello a cui, possano ispirarsi altri in cui il genio è latente, Kant
sostiene che il genio è la felice sintesi di immaginazione e intelletto, di
spontaneità e regole non scritte, per cui l'artista gode di un'assoluta libertà
creativa dove l'intelletto è presente ma non più come costrizione
razionale, come avviene nel campo della conoscenza, ma come capacità di realizzare
l'opera secondo il proprio naturale gusto estetico. Per questo, l'opera d'arte è insieme la
sintesi di necessità e libertà. Per
quanto libera e geniale sia
infatti l'ispirazione dell'artista,
egli dovrà tuttavia fare i conti con le rigide regole del mondo della natura. Per
quanto libera sia la sua ispirazione ed originale sia il materiale da lui usato
per creare l'opera, questi tuttavia dovrà pur sempre rispondere al rigido meccanicismo delle
leggi della natura. In riferimento al Genio, negli “Elementi di Magia Naturale e Divina”, il Maestro Kremmerz così ne scriveva: I
filosofi di maggior fama dicono che la teologia degli antichi era simbolica:
che il dèmone o genio
individuale rappresenti la coscienza, il sentimento della ragione dell'essere. Sta bene. E' un lato
della questione. Ma la sapienza sacra, che
gli antichi manifestavano nelle loro esposizioni esoteriche, aveva tre facce: a) una volgare, serviva
pel profano; b) una simbolica, ed era
filosofica; c) una arcana, ed era
sacra, riserbata a chi aveva il passo nel tempio (1). Che cosa è il dèmone o il genio
definito nella forma plastica dell'esoterismo pagano? Il volgare di oggi non fa
che sorridere. Il dèmone degli antichi ed il genio
tutelare dei platonici sono i padri putativi degli angeli
custodi del cristianesimo e sono figure poetiche. Chi fa pompa di dottrina
si contenta di mirare nel dèmone o genio l'anima
dell'uomo nella sua essenza di ragione e di coscienza. Chi invece è addentro al linguaggio sacro dei sacerdoti-filosofi, ed ha la chiave delle tre facce dei parlari arcani, sa che il terzo, vero, profondo significato del dèmone o genio degli antichi risponde ad un raggio di luce di ciò che è: una verità che è la prima a cui tu, o discepolo, devi mirare … Aspetti secondari del Genio
Altri
studiosi ritengono che il genius corrisponda al genètlion o daimon dei
greci e ad altre figure mitiche di vario tipo, il cui culto era molto
diffuso presso i popoli dell'antichità, che hanno sostanzialmente rappresentato
le prime forme di quello che oggi è il culto degli angeli. Daimon Daimon Angelo
custode 1) “(I primi vati furono i grandi sacerdoti che davano i responsi in parlari dei numi in doppia intelligenza. Ed i vati, dice Esiodo, erano i primi sovrani delle diarchie. Vate, Poeta, creatore è la voce istessa. Ma Vate si diceva chi scriveva in parlari dei numi, a doppia intelligenza; arte divina che finora n'è mancata dacché le scienze ebbero la stanca. Skia id est Umbra, Sciaentia, nell'essenza del tenebrone appresa. Altrimenti era arte”. Lebano, Il Cielo Urbico.
Per estensione, il termine genio è
impiegato per indicare anche figure mitologiche minori presenti in varie
tradizioni, quali spiritelli dal carattere benevolo o malevolo, collegati
alla natura e ad aspetti dell'esistenza (geni della
foresta, dei fiumi, dell'amore, della fecondità, ecc.). Genio del bosco Genio celtico della
foresta Ninfe
del fiume Sempre
negli “Elementi di Magia Naturale e Divina”, il Maestro Kremmerz
così insegnava: La prima cosa che ti devi
porre innanzi agli occhi nel tentare l'occulto nella natura spirituale è di
conoscere lo spirito o il dèmone o il genio che immediatamente
rappresenti lo scalino superiore alla tua natura di uomo più o meno perfetto.
Da quello che ho citato da Teodoreto, l'angelo
cristiano è spirito di purità assoluta e messaggero di Dio – il dèmone invece
è variabile come tendenza e come purificazione. Adopererò il nome di Genio per uscire dalle restrizioni e dalle definizioni: quando tu avrai incominciato a conoscere il tuo, definirai il primo e, quando ne avrai conosciuti molti, potrai avere un concetto approssimativo, ma sempre imperfetto, della scala d'oro che comincia dai meno puri e termina ai perfettissimi. Come fare per conoscere
il proprio genio? (1) Gli antichi insegnavano che per conoscerlo bisogna renderselo propizio con la pratica della giustizia, con l'innocenza dei nostri costumi (è Apuleio che parla): “… allora egli vi aiuterà con la sua previdenza nelle cose che voi ignorate, coi suoi consigli nelle vostre indecisioni, vi soccorrerà nei pericoli, e della sua assistenza non vi priverà nelle avversità: talvolta nei sogni, talvolta nei segni visibili, talvolta comparendovi, vi eviterà i mali, vi procurerà il bene, vi solleverà nelle vostre cadute, vi sosterrà nelle dubbie occasioni, vi illuminerà nel buio delle vostre ricerche, vi manterrà nella buona fortuna, vi trarrà dalla cattiva”. I Pitagorici, dice Aristotile, si meravigliavano ogni volta che sentivano qualcuno confessare di non aver visto mai il proprio Genio. In un senso volgare e filosofico era, quello dei Pitagorici, un rimprovero a coloro che non coltivavano il proprio spirito, perché l'animo dell'uomo è il santuario del Genio ma, nel significato occulto, era un disprezzo per colui che fuori la scuola aveva le orecchie tappate di stoppa e gli occhi legati con la cera, per non vedere la persona o l'immagine e non sentire la voce, l'armonia delle esistenze intradivine che servono come fiaccola all'esistenza dei perfettibili. Il dogma cristiano è profondo: il buon angelo custodisce il fanciullo ma non avete visto dipinto mai un adulto col suo bravo angelo a lato: il simbolismo vuol dire che per avere il buon angelo con le brave ali aperte, a tutela dei buoni passi, nella breve ed aspra traversata della vita bisogna del fanciullo conservare la purità, l'innocenza e … la fede: se no appaiono, di sotto le ali, un bel paio di appendici più o meno bafomettiane, e il viaggiatore innocente, il fanciullo puro e mondo, (1) Genius, cioè Generans, cioè Creator. San
Martin dice
che l'uomo non saprebbe fare
un passo verso la verità senza la sua guida. diventa il Dottor Faust, accompagnato dall'eccellente amico con le corna, il quale è un genio anche lui … ma un genio musicale che ti tocca tutte le corde sensibili, pur di farti ballare come una scimmia scottata (1) Nella religione romana, il Genio (lat. Genius,
plurale Genii) è uno spirito o, più
correttamente, un nume tutelare,
considerato come il custode benevolo delle sorti
delle famiglie, ma anche dei singoli individui. Nel tentativo di chiarirne la natura
ne sono state date definizioni approssimative, come "anima",
"principio vitale",
"angelo custode". Il Genio era
definito da Censorino cuius in tutela ut quisque natus est uiuit. E infatti la festa del Genio è il
compleanno dell'individuo, il dies natalis.
Veniva ritenuto uno spirito buono, una specie di angelo
custode che nasce con l'individuo, lo
accompagnava e ne dirige le azioni nel corso dell'intera vita. La parte del corpo in rapporto con il Genio è la fronte. Dice infatti Servio che "la fronte è consacrata al Genio, per cui quando lo veneriamo ci tocchiamo la fronte" (frontem Genio consecratam esse, unde uenerantes deum tangimus frontem). (1) Per il Cristianesimo
l'angelo custode è guida e difesa. Un angelo, il tuo angelo, ti
ammonisce o ti salva. Il demonio o diavolo (personificazione del male) ti tenta. Martinez de Pasquallys
insegnava la costituzione dell'uomo con la mano: il dito medio è l'anima, il
pollice è lo spirito buono, l'indice è l'intelletto buono, le altre dita,
anulare e mignolo esprimono lo spirito e l'intelletto demoniaco. Con ciò il Martinez
voleva dire che l'uomo ha per guida tre elementi buoni contro due tendenti in
basso. Gli spiritisti per guida
di un uomo intendono lo spirito di tale o tal altra
persona morta che si manifesta al medio. Che cosa ti dice il tuo
maestro, per non ricorrere alle mistiche condizioni cristiane e alle
venerazioni del culto pagano? Una sola cosa: SII UOMO, SII RAGIONEVOLE, E DOMINA CON LA PERPETUA PADRONANZA DEI TUOI GIUDIZI TUTTE LE ILLUSIONI DEI SENSI MATERIALI E GROSSOLANI DELL'UOMO; FORMATI LA COSCIENZA DI ESSERE E SE LO MERITI O FORZI LA NATURA DI FUORI ALLA TUA COSCIENZA SPUNTERA' RAPHAEL O ASTAROT, L'ANGELO O
IL DEMONE, IL
TUO GENIO CERTAMENTE
FARA' CAPOLINO e come Papà Dante avrai trovato il tuo
Virgilio e con Virgilio, il treno direttissimo pel manicomio o per la sapienza
divina.
Il Genio era
raffigurato di solito come un serpente (in Cicerone,
in Giulio Ossequente, nel larario della casa dei Vetti, a Pompei). Il Genio raffigurato come un serpente,
nel larario della casa dei
Vetti, a Pompei Non c'era un giudizio univoco sul destino del genio dopo la morte dell'individuo: secondo Orazio, per esempio, scompare, secondo Ovidio no. Nel corso del tempo e per analogia con gli uomini, anche agli dèi fu attribuito un Genio. La più antica attestazione è la già citata epigrafe risalente al 58 a.C. L'attribuzione
del Genio si estese anche alle
famiglie (Genio del pater familias),
allo Stato, alle province, ai collegi, alle unità
militari e il genio
dell'imperatore vivente divenne oggetto di culto pubblico con Augusto. Roma stessa aveva un Genio, di
cui Servio ricorda la dedica su uno scudo
custodito in Campidoglio: Genio urbis Romae siue mas siue femina. Non
è chiaro se il Genius populi romani, raffigurato
come un giovinetto, sia lo stesso Genio
dell'Urbe o se sia una divinità distinta anche se equivalente. Questo
Genio aveva un tempio nel Foro,
vicino al tempio della Concordia.
L'attribuzione di un genio ad
ogni luogo fu dovuta, forse, all'assimilazione del Genio con i
Lari che si trova in Censorino. Dice infatti Servio
che "nessun luogo è senza un genio" (nullus locus sine Genio). Non sembra però che si sia mai avuta la
concezione di un Genio associato alle cose
inanimate. Ne “La Porta Ermetica”, il Maestro Kremmerz
ci tramanda: “Un antico
iniziato, in una canzone del periodo neoplatonico, alla voce che gli parlava la
verità, domanda: « Chi sei tu? ». E quella risponde in un
ammaestramento di aritmetica pitagorica, che si può tradurre così: « Io sono in te e per te. Non sono te (cioè tua mente). Tu
hai pregato, cioè sotto forma di preghiera hai impregnato l'amorosa invisibile.
Frutto del vostro atto sono la voce che ti parlo, sono mercurio di vostro
intelletto ». Infatti il primo problema che si presenta all'iniziando a
questa scienza integrale è di domandare alla sua luce ermetica, di cui nessun
uomo conosce la fonte: chi sei tu che ti manifesti portandomi la verità? Chi dice: sono io, il
mio ingegno. (1) Chi dice: è un angelo.
(2) Chi dice: è un demone o un dio. Se non capisce la legge espressa con tanta semplicità dalla
cabala non la capirà mai — come i mistici ispirati delle forme religiose di ogni
genere. Ebbene, quella voce, di sua natura essenzialmente ermetica, dovrebbe
rispondere: Io non sono te, ma non
sono cosa estranea a te. Sono in te e per ragion tua, e non sono te. Ecco il maestro ignoto, sapiente, che si avvicina”. Il Maestro
Kremmerz ad alcuni discepoli più avanzati ha tramandato: “Disse
un Genio di Sole, Ra – hebe, al
figliuolo di Izar: Se
io ti proteggo non inchinarti al Faraone che viene a te. Il
figlio di Izar non si chinò. Il
Faraone lo indicò al suo giustiziere, ed ordinò che lo legassero nello sterco
delle sue stalle e glie lo facessero
baciare, e il figliuolo d'Izar fu preso e legato e in cuor suo diceva: Che
Genio è codesto che non mantiene il patto? E
pianse. Ma
mentre il giovinetto era tradotto al carcere, la figliuola del Re era morente. Interrogato
il pontefice dei divini disse che un bacio del giovinetto Izar l'avrebbe
risorta. Corrono
in cerca del prigioniero, che con onore è tratto all'ammalata. Disse
il Faraone: baciala. E
Ra – hebe disse ad Izar: Vedi
che non il fimo tu baci, ma la bocca della più bella delle figlie del tuo Re. Ma
di me hai dubitato e ti abbandono. E
Izar pianse ma lo perdé.
Non è facile contentare degli amici così fatti”. L’Arte Regia, nelle sue infinite applicazioni, concede
i suoi segreti solo a coloro che hanno interiormente risvegliate le facoltà
magiche e consente l’ingresso nel Tempio dei Misteri esclusivamente agli
eletti. Lèvi scriveva a riguardo: “Ogni intenzione, che non si
manifesta per mezzo di atti, è una vana intenzione, e la parola che la esprime
una parola inutile; è l’azione che da la prova della vita ed è pure l’azione
che prova e dimostra la volontà. Si dice per questo nei libri simbolici e sacri
che gli uomini saranno giudicati non secondo le loro idee ma secondo le loro
azioni. Per essere si deve operare. Dovremo ora trattare della questione grande
e terribile delle opere magiche. Non si tratterà più qui di teorie o di
astrazioni; giungeremo alla realizzazione, (1) Cioè in-genius ovvero
genius
in me. (2) Angelus messaggero
metteremo
fra le mani dell’adepto la bacchetta dei miracoli dicendogli: “Non ti basare
sulle nostre parole; ma per conto tuo agisci!. In piedi, diritto, con lo sguardo proiettato verso
l’orizzonte, il Mago,
immerso nella natura selvaggia,
pronuncia le formule, grida i nomi di potenza e attende. Aspetta che il Genius si
manifesti, che il Nume parli.
Resta in attesa affinché il vero Maestro, l’entità Geniale, assuma
la guida del suo essere occulto e lo istruisca. Le armi ora sono secondarie,
poiché per mezzo loro si è destato il Signore di dentro,
colui che giaceva assopito nelle profondità dell’Astrale interno, l’Essere
onnisciente che viene dal passato, agisce nel presente e costruisce nel
futuro. Nel silenzio più assoluto egli fa udire la sua voce, manifesta il suo
ineguagliabile potere e prende per mano l’Adepto trasportandolo all’altro lato
del tempo, dove la Luce
è feconda e ogni opera è baciata dal Divino, il Dio occulto che agisce e opera”. Il Daimon di Socrate Dua-Kheti Bibliografia: Wikipedia – Jinn – Genio La Scienza dei Magi – Giuliano Kremmerz La Preparazione, la Volontà e la Purificazione del Mago –
Eliphas Levi
IL PENSIERO
Ultimo aggiornamento Mercoledì 04 Marzo 2020 12:48 | | Stampa | | E-mail
Il
pensatore – Rodin Come
consigliatoci dal Kremmerz, iniziamo la nostra indagine sul pensiero
curiosando sulla sua etimologia. Pensiero è un termine che deriva dal latino pensum (participio
del verbo pendere: "pesare"). Pondus
= peso, pensare = pesare, e porta discorsivamente alla ponderazione, alla
misura (mensura, da mens, la mente, legato a mensis,
il mese, e quindi alla luna, che
non dà luce propria, ma riflessa, la riflessione). Che cosa ci dice la scienza? Nelle neuroscienze, cioè dal punto di vista fisico-biologico, il pensiero
è considerato un'attività di elaborazione delle informazioni a partire dalle
percezioni
sensoriali, e
quindi dell'esperienza vissuta dal soggetto da parte della mente
stessa intesa come attività del cervello. Chissà quante volte vi sarete sentiti nello stesso stato de “Il pensatore” di Rodin! Percepire i propri pensieri che come uno sciame di farfalle vengono attratte dalla luce della vostra mente. Nella
ricerca del nosce te ipsum, quando capita a me e sono “cosciente
dell'attimo presente”, nei miei limiti, cerco di analizzarne il fenomeno. Noi “pitagorici”,
come ci ha insegnato il Kremmerz, dobbiamo
cavare la teoria dalla pratica e non viceversa. Io mi
sveglio pensando e con la collaborazione dei sensi non smetto di farlo coscientemente
sino all'attimo prima di addormentarmi. A tale proposito, il Kremmerz ci consiglia di scegliere bene l'ultimo pensiero prima di addormentarci poiché esso ci accompagnerà durante la notte. Quando inseguo un pensiero per cercare di risalire all'organo che lo ha originato (per la scienza è il cervello), tale operazione mi risulta assai ardua e sfuggente, forse perché in quel momento, l'unica cosa certa è l'effetto-pensiero ed esso è di materia “sottile”. Se l'effetto, però, è di natura “sottile”, la causa necessariamente non può che avere la stessa natura. Poi, poiché credo che ogni organo sia generato da una funzione, sua “matrice”, ed ogni effetto sia generato da una causa, cerco, seguendo una sorta di filo d'Arianna luminoso e solare, di sortire dalla luce cangiante e lunare del labirinto del cervello. In sintesi, come tramandatoci dagli antichi saggi, cerco di seguire il linguaggio del cuore. Kremmerz direbbe: “Noi ci sentiamo uno. Bisogna compiere uno sforzo atletico per arrivare a sentire in noi un quid diverso dal corpo, che chiamiamo mente”. Io, l'effetto-pensiero non lo percepisco in nessun'altra parte del mio corpo se non nella testa o, vista l'eccellenza di questa funzione, nel “capo”. A volte mi è capitato di pensare, e non a cuor leggero: Chi sarei io e come sarebbe la mia vita se un giorno non percepissi più il mio pensiero? Continuando le mie riflessioni noto che l'effetto-pensiero è accompagnato da una serie di curiosità, spunti utili per approfondirne la conoscenza. Lo percepisco come se fosse la mia voce, nella mia lingua o in altre da me conosciute, aleggia tra le parole di qualsiasi scritto traducendone le lettere in linguaggio di senso compiuto (anche in questo testo, mentre lo sto scrivendo), su un paesaggio, su una qualsiasi immagine, simbolo, ricordo di luoghi e persone, assumendo addirittura colori, musica e la specifica voce dei protagonisti. Alcune volte, in modo naturale e non voluto, ho percepito e verificato il pensiero di persone, vicine o lontane, a me care. La
definirei un'interazione con l'immaginazione e la fantasia in stato di veglia,
un po' come accade nello stato onirico con i sogni. Scrive
il Kremmerz: “Quando dormi e sogni, le tue immagini le vedi
luminose. Eppure manca il sole e quella non è né luce solare, né elettrica, ma eterea
o astrale”. Il Maestro
in questo caso mi direbbe: “Da dove viene il suono della voce del tuo pensiero,
la luce dei paesaggi, i colori, e la musica che solo tu percepisci”? Quando
prima accennavo ad un'origine o, più correttamente, a un effetto-pensiero, mi
riferivo al ricordo di questa, per me utile, analogia del Papus
in merito al corpo e allo spirito umano: “- Corpo - Cervello = Telegrafo
- Spirito - Forza Vitale = Telegrafista”. Il Telegrafo,
pertanto, è solo lo strumento per trasmettere i messaggi, mentre il Telegrafista
ne è l'ideatore. La Luna-Cervello (Telegrafo) non brilla di luce propria ma riflette quella del Sole-Spirito (Telegrafista). A
supporto di quanto sopra, il Dottore in Medicina Jerome A.
Anderson nel
suo libro “L'anima umana e la rincarnazione” scrive: “Il materialismo, che per tanto tempo ha guardato l'universo attraverso a lenti materiali, è divenuto cieco ai colori spirituali. Esso confonde inoltre la condizione del pensare con la causa del pensiero; ed erroneamente prende il cervello fisico, che è lo strumento per mezzo del quale l'operatore al di là di esso trasmette i messaggi di pensiero, per il creatore di ciò che semplicemente trasmette. E' precisamente come se un contadino sostenesse che nello strumento ricevitore di un telegramma si trovasse la sorgente unica della notizia che apporta”. In
riferimento alla suddetta analogia del Papus, proviamo a fare una riflessione: Chi l’ha detto che i pensieri nascano nel cervello? La scienza neurologica. E con quali prove? Ad esempio che le diverse aree del cervello mostrano attività crescente all’insorgere di determinati pensieri. O che, cervelli danneggiati, sembrano impossibilitati ad effettuare determinati tipi di attività mentale. Lo stesso sembra valere per i sentimenti, tanto che alcuni luminari pretendono di dimostrare che sentimenti quali l’amore, per esempio, altro non sarebbero che una serie di processi chimici, che avvengono nella nostra scatola cranica. Questo vorrebbe dire che, con la morte del corpo fisico e dunque la cessazione delle attività cerebrali, l’individuo non sarebbe più in grado di avere un vissuto né mentale, né sentimentale. Il che nega apertamente l’idea, antica quanto l’uomo, che la coscienza possa in qualche modo sopravvivere alla morte. Eppure, come contraddire la scienza attuale con tutti i suoi autorevoli esperimenti? Forse basterebbe riconsiderare il problema, cambiando la prospettiva. Immaginate per un attimo che non sia l’attività cerebrale a dare origine al pensiero, bensì, al contrario, che sia il pensiero a dare origine all’attività cerebrale. Immaginate che non siano le terminazioni nervose – e quant’altro si muove nella nostra testa – a darci una consapevolezza, bensì che la nostra consapevolezza stimoli e faccia muovere il nostro cervello… Questa idea, senza essere in contrasto con i test neurologici, ribalta completamente la visione che abbiamo dell’encefalo: da organo attivo, come causa di un vissuto psicologico, a “decoder” passivo, interprete di tali processi sottili. Se fosse il cervello a generare il pensiero, dovremmo chiederci come può la materia (in questo caso la materia cerebrale) originare l’astratto (come lo sono i pensieri e i sentimenti). In natura, il simile genera il simile. Come possono degli atomi, delle molecole, delle sostanze, mescolarsi in tal modo da formare qualcosa che sfugge totalmente dalla concretezza, come lo è il vissuto psichico di una persona? Il fatto che il nostro cervello abbia delle reazioni a particolari attività mentali, non dovrebbe stupirci: non sarebbe l’unico organo del nostro corpo a farlo. Il cuore, ad esempio: il suo battito aumenta repentinamente all’insorgere di determinati pensieri. I polmoni: il respiro può farsi affannoso o disteso e rilassato, a seconda del vissuto emotivo. Lo stesso accade all’apparato digerente, che risente della rilassatezza o dell’agitazione emotiva; a quello riproduttivo, che reagisce agli stimoli erotici anche immaginari, ecc. Tutto il nostro corpo risente di ciò che la nostra coscienza vive, e lo manifesta in moltissimi modi. Ma il fatto che il cuore si metta a battere più forte se pensiamo ad una persona che amiamo o, al contrario, a qualcosa che ci fa paura, non significa che è il nostro cuore a generare amore e paura! Come non sono i polmoni a generare la causa dell’affanno! Perché, allora, proprio il cervello dovrebbe essere responsabile dei pensieri? In sintesi, questa riflessione ci
suggerisce, a conferma della suddetta analogia del Papus, che potremmo concepire il cervello come l’organo fisico
(telegrafo) che permette la comunicazione del pensiero (telegrafista) con il
nostro corpo. Oggetto di
un'ulteriore riflessione potrebbe essere che se è il pensiero ad agire
sull’encefalo e non il contrario, questo “pensiero” potrebbe non essere
qualcosa che ha origine dall’individuo, bensì qualcosa di esistente,
indipendentemente da esso....
Nel suo scritto “La costituzione
dell'uomo”, l'ermetista miriamica AB-BA (Laetitia Abbaticòla) riporta: “Lo spirito o mente dirige tutto
l'organismo; ha il punto di appoggio o centro di azione nel cervello materiale
e si serve del sistema nervoso per trasmettere i suoi ordini agli altri corpi”.
A
questo proposito ricordo che il Kremmerz considera l'uomo come un
essere contenente i quattro elementi dell'universo e ci sintetizza la sua
spiegazione dei quattro corpi che costituiscono l'uomo. 1) un corpo sensibile o saturniano,
composto di carne, ossa, tessuti cornei; tale corpo mangia, beve, dorme, si
rinnova, si riproduce; 2) una emanazione più sottile o corpo lunare,
emanante dal primo, composto di nervi, centri nervosi, cervello;
vive dalla fonte del primo, come la luna della luce del sole; 3) una più completa individualità che emana dalle due più gravi e
costituisce l'uomo mentale. Questo è il corpo mercuriale,
alato al capo ed ai piedi, a contatto con l'io superiore; 4) un principio luminoso, intellettivo, corpo
solare, che partecipa della vita universale. Il filosofo francese Cartesio, al secolo René Descartes, vissuto tra il 1596 e il 1650, per primo cercò di costruire un sistema di pensiero autonomo, indipendente da criteri teologici e trascendenti. Fu in un tale mutamento di prospettiva che si inserì la riflessione del “Ego cogito, ergo sum, sive existo“. Che, tradotto dal latino, suona come: “Io penso, dunque sono, ovvero esisto”. Per Cartesio, il Cogito diventa garanzia autosufficiente dell'esistenza, cioè della realtà. Mentre per i neoplatonici il fatto di pensare significava "essere" nell'idea, o venirne posseduti, per Cartesio ora pensare significa "avere" delle idee. Per Cartesio hanno valore soltanto quei pensieri di cui si ha coscienza, e che sono definiti in forma chiara e oggettiva. Egli proponeva così un tipo di pensiero che si pone esternamente rispetto all'oggetto della sua indagine, dissolvendo l'unità immediata di soggetto e oggetto: nella ricerca della verità, cioè, il soggetto non risultava più coinvolto. Quel “penso” cartesiano, ora,
potrebbe essere inteso proprio come la nostra complessa attività cerebrale,
quel prodotto
evolutivo della specie umana, che ci
permette di essere qualcosa di più della somma delle nostre parti. Cartesio ci
era andato vicino, nonostante la mancanza di tecnologia e i trecento anni che
ci separano, ma se, come sostengono le neuroscienze cognitive, provassimo a ribaltare
il paradigma “cogito ergo sum”, affermando: “sum ergo cogito”,
probabilmente questo acquisirebbe una connotazione più reale, dal momento che è
la conformazione del nostro essere a rendere possibile il nostro pensiero, e
non il contrario. Salvatore Mergè (Eliah Elis), testimone e memore degli insegnamenti ricevuti dal Maestro Kremmerz, ha scritto nel suo “L'Arte di divenire simile agli Dei”: “L'intelligenza è il fenomeno più eccelso dello stato vibratorio
del meccanismo psichico, e può differire in intensità ermetica di sottigliezza
sublime, ma il pensiero forza,
psicodinamico, è identico nello stato di percezione delle idee e nella
iperchimica delle reazioni nei meccanismi organici. Chi ha definito il pensiero
come un risultato chimico e chi ha investigato la
nascita oscura dell'intelligenza percettiva, comparativa e immaginativa nel
laboratorio intercerebrale? Due proposizioni diventeranno assiomi
universalmente ammessi: 1) Il pensiero
(meccanismo pensante), in un corpo umano, ha azione illimitata su tutti gli
organi e gli elementi organici costituenti il proprio singolo individuo. 2) Ammessa la precedente proposizione, qualunque pensiero
(meccanismo pensante) in uno stato di simpatia o di amore, può diventare un
coefficiente potenziale di un meccanismo psichico armonico di un suo simile. Queste due proposizioni non sono campate in aria:
sono praticamente controllabili in ognuno di noi e tra due o più di noi, se
siamo in armonia di pensiero. Il pensiero è talmente tutto il nostro singolo essere, per quanto ogni sensazione periferica (cioè che proviene dalle estremità sensorie), può arrivando ai centri, essere modificata”. Scrive il Kremmerz: “Il nostro organismo si compone di quattro corpi. La sede del pensiero è il terzo, Mercurio”. Sempre il Kremmerz, così ne scriveva: “Il Pensiero è definito dai
vecchi filosofi come un esercizio dell'intelletto, ma che cosa è
l'intelletto e che cosa è questo esercizio? Non definiamolo; limitiamoci a
constatare che si pensa in base a immagini sensorie, a sensazioni di ogni
genere, collegate, seguite e messe a confronto e paragonate. Ora, se le
impressioni variano in due apparecchi meccanici, le differenze son più
sensibili e più profonde da uomo a uomo quando per mezzo dell'udito, del tatto,
della vista e dell'odorato, portano al cervello una determinata impressione. Esso è di tre
categorie: 1° - quello
dell'uomo così com'è, frutto del suo complesso essenziale
storico, della educazione del suo
spirito, del suo organismo, delle sue sensazioni precedenti riposte nel suo incosciente, e di idee rievocate; 2° - quello
per scambio di idee, suggestione per ciò che si è sentito dire,
risultato del nostro contatto con la
folla; 3° - quello elementare (il divino) cioè
dell'essenza natura: il Nume che parla o lancia idee e forme di idee, parole articolate e idee complesse. Il pensiero
psichicamente inteso è una forza, un potere in sé e per sé, che agisce sulle
cose vicine, sulle più lontane, sulle lontanissime. Il pensiero umano,
indeterminato moto dell'anima ermetica o astrale dell'individuo-uomo, è
compenetrante tutte le cose in cui si fissa in vibrazione d'amore. Basta che lo spirito si elevi, come profumo da
igneo fornello, dalla finalità della vita terrestre alla contemplazione ed alla
penetrazione dell'Infinito esistente, e l'ascosa faccia del Dio trasformatore
si manifesta in lui e per lui. E' l'essere cioè
tutto ciò che è, che fu, che sarà. Tutto il visibile, l'invisibile,
l'immaginabile. Il pensiero non cessa di vivere come immagine morta o pensiero vivo; esso è il germe di tutte le forme che dà vita alla ricomposizione degli organismi o forme determinate. Per cui il pensiero è forza o anima sopravvivente alle forme corporee”. In sintesi se Cartesio diceva: “Cogito ergo sum, cioè Penso, quindi sono”, noi ermetisti diciamo: “Sum ergo cogito, cioè Sono, quindi penso”.... Serpente – Ser-pens – Pens-ser – Pensiero Pensiero – Mercurio – Caduceo – Serpente Dua-Kheti Bibliografia: L'anima
umana e la rincarnazione – Jerome A. Anderson Cervello
e pensiero – un'ipotesi - Sebastiano B. Brocchi. Il pensiero nell'età
moderna - wikipedia “Sum ergo cogito” - Le neuroscienze e il nuovo “penso” - Daniele Nugnes E NON CI INDUCA IN TENTAZIONE
Ultimo aggiornamento Venerdì 31 Gennaio 2020 19:32 | | Stampa | | E-mail
“Non ci indurre
in tentazione”. Da più di settant’anni, fin da quando ero ragazzino rifletto su
questa invocazione della preghiera che Cristo stesso ci ha lasciato. So di essere in ottima compagnia, tanti veri cuori nella fede e nell’Amore di Dio si sono affannati a pensare al problema. Ma io ora voglio dire il mio pensiero: l’idea che Dio ci induca in tentazione è una bestemmia vera e propria ed è venuto il momento di dirlo senza troppi giri di parole. Ho visto in
televisione che per Papa Francesco questa è: “una traduzione non buona”,
perché a indurre in tentazione non può essere Dio ma Satana. E infatti Sua
Santità aggiunge che anche i francesi hanno cambiato il testo con una
traduzione “non mi lasci cadere nella
tentazione” e – continua – “sono io a
cadere, ma non è lui che mi butta alla tentazione per poi vedere come sono
caduto. No, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito. Quello
che ti induce alla tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana”1. Già in
precedenza Papa Benedetto XVI aveva fatto notare che “Le parole di questa domanda sono di scandalo per molti: Dio non ci
induce certo in tentazione!” infatti il versetto per l’attuale Papa Emerito
va inteso come: “So che ho bisogno di
prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste
prove, se – come nel caso di Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno,
allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi
troppo capace. Non tracciare troppo ampi i confini entro i quali posso essere
tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa
troppo ardua per me”2. Seguiamo quindi
ciò che scrive San Giacomo: “Nessuno,
quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere
tentato dal male e non tenta nessuno al male”3. E ascoltiamo ciò
che dice San Paolo nella prima Lettera ai Corinzi: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze,
ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla”4. Alla fine l’unico tentatore resta sempre quello che
non va neanche nominato. Una cosa sola è certa: Dio non è il tentatore! Che Dio lasci o
meno che quel qualcuno ci induca in tentazione è questione esegetica e
teologica. Già Adamo ed Eva ebbero a che fare con questo tentatore. Forse
(neanche troppo forse) Dio lascia che il tentatore agisca per rispetto del
libero arbitrio di cui ci ha fatto dono. Ma il fatto è che non è certamente Lui
a tentarci. È l’altro, è l’avversario, l’ostacolatore, il traviatore, quello
che ci porta lontani dal nostro progetto esistenziale, dalla nostra missione
spirituale. Eppure, il testo
sembra dire proprio questo e da secoli si consumano centinaia di pagine per
contenere le diverse opinioni anche le più alte ed eminenti. Quanto sarebbe
tutto più semplice se il versetto recitasse: “ et ne nos inducat in tentationem” cioè “ e non ci induca
(l’avversario) in tentazione”. Ma ahimè non è così. Come possiamo
allora in una riflessione d’Amore, nella nostra imperfezione intellettiva
riuscire a cogliere il senso di questo passaggio così controverso, nella
preghiera più bella che possediamo? Ho sempre
pensato che il più grande trucco dell’ostacolatore, l’ingannatore, il
calunniatore (questo significa etimologicamente “diavolo”)5 è quello
di confonderci, portando tutti in giro dietro la questione sbagliata, seminando
zizzania e costruendo torri di Babele per raggirarci e portarci fuori dal punto
o meglio per portarci (indurci!) nella direzione sbagliata. Chi sia ad indurci
in tentazione dunque è fuori discussione ma allora perché questo passaggio così
problematico nella preghiera lasciataci e insegnataci proprio dal Maestro?
Verrebbe da chiedergli: “Rabbì, perché?” Forse ci stiamo ponendo la domanda nel modo sbagliato, forse la questione che dovremmo porci è che cosa vuol dire, che significa tentazione. Forse è da li che si comprende il vero inganno. “E [Eis peirasmòn]” in greco, “in tentationem” in latino, “in tentazione” in italiano. Già in italiano sarebbe più corretto dire “nella tentazione” visto che noi gli articoli ce li abbiamo; e poi perché diamo per scontato che la traduzione di [peirasmòs]” greco sia per forza “tentazione” e non più semplicemente “prova, esperimento, esperienza”? Già, perché se
la traduzione fosse “prova” qualsiasi persona capace di parlare un po’ di
italiano penserebbe ad una locuzione usatissima: “mettere alla prova”. Allora
suonerebbe decisamente meglio: “e non metterci alla prova (tanto lo sai bene
che cadiamo, visto che lo facciamo magistralmente dal tempo di Adamo ed Eva) ma
liberaci dal male”. Dio non tenta,
mai! Però lascia che veniamo messi alla prova, per questo ci ha dotati del
libero arbitrio. Si, noi scegliamo e, come diceva San Paolo, scegliamo spesso
il male pur volendo il Bene6 e lo facciamo a causa della nostra
imperfezione in quanto, seguendo Sant’Agostino, il male è solo privazione del
Bene7. Il Signore
quindi ci dice: “Scegli tu il bene, impara a discriminare, individua il punto
dove si trova l’esatta soluzione” ma noi a nostra volta, sapendo quanto siamo
fallaci, vogliamo chiedere al Padre: “non metterci affatto alla prova, anzi
liberaci definitivamente dal male, dall’errore, dal tentatore stesso”. Il sommo Dante, che nel XI canto del Purgatorio tradusse nelle sue terzine il Padre Nostro, usò queste parole: “non spermentar con l’antico avversaro”. Sperimentare quindi tentare, provare, ma tentare non nel senso di creare una tentazione, una seduzione bensì di fare un esperimento, appunto “mettere alla prova”. Se pensiamo all’episodio di Abramo e di Isacco o alle mille volte in cui Cristo chiede se abbiamo o meno fede perché è questa a salvarci e lui ci lascia liberi di scegliere pur lasciandoci mettere alla prova. Ed è dalle conseguenze di questa prova che si vede ciò che l’uomo è e quanto vale. Basti prendere l’esempio di Pietro e Giuda, entrambi traditori ma con esiti e conseguenze molto diverse, rispetto allo sbaglio commesso nella prova più difficile. L’uno sceglierà la via del perdono da parte del Padre Celeste e su di lui si costruirà la Chiesa, l’altro si autocondannerà alla morte più atroce e senza ritorno.Con il Padre Nostro, noi riprendiamo il contatto col divino che abbiamo dentro. Perciò, come abbiamo detto sopra, sarebbe magnifico poter chiedere al Padre che l’antico avversario non ci inducesse affatto in tentazione ma che Lui ci liberasse definitivamente dal male. Così, nel nostro errare quotidiano, diventeremmo tutti un po’ più Pietro e meno Giuda. 21/03/2019 Renato de Angelis 1Settima puntata di “Padre Nostro”
programma in onda su Tv2000 2J. Ratzinger Papa Benedetto XVI
“Gesù di Nazareth. Dal Battesimo alla Trasfigurazione”, Milano, BUR 2007 3Giac 1,13 41 Cor 10,13 5Diavolo:
dal greco [diabàllo] indica colui che pone l’ostacolo, che separa, che
pone frattura, che mette di traverso, è l’ingannatore, il calunniatore, il
tentatore. Diavolo è colui che separa la mente razionale dal progetto divino
scritto nella nostra anima. 6Rm
7,19: “Non enim, quod volo bonum, facio,
sed, quod nolo malum, hoc ago” 7Agostino, Confessioni, VII, 12,18 LETTERA A S.S. PAPA FRANCESCO
Ultimo aggiornamento Venerdì 31 Gennaio 2020 19:34 | | Stampa | | E-mail
Lettera indirizzata a Papa
Francesco del 16/04/2019
Di
seguito trovate, per conoscenza, la lettera che ho scritto, firmato ed inviato
a S.S. Papa Francesco il giorno 16 aprile scorso a mezzo email del Vaticano e
di Radio Maria. Sebbene
non abbia io ad oggi ancora ricevuto alcuna risposta scritta, tuttavia posso
ritenere che Sua Santità o chi per lui l’abbia invece non solo ricevuta ma
anche letta con la dovuta attenzione almeno prima dell’ultima udienza generale
del 1 maggio scorso (https://m.youtube.com/watch?v=7KycGk-MASA). Io
Renato De Angelis a nome di tutti i fratelli e sorelle della nostra Scuola, ringrazio
S.S. Papa Francesco del messaggio che in data 1 maggio ha voluto rivolgere per
il Bene di tutti i cristiani. “Ti rendo
grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca.”
(salmo 137)
A Sua Santità Papa Francesco
Santità, mi chiamo Renato De Angelis, mi
avvicino a compiere 82 anni ed è nato in me il desiderio di dare voce a un
pensiero che mi accompagna da sempre, da quando giovanissimo ho iniziato a
pregare. Sono il Preside della Scuola Filosofica
di Teurgia Ermetica “Salvatore Mergé” legata tradizionalmente al pensiero ermetico
miriamico di Giuliano Kremmerz. La nostra Scuola, con umiltà ma anche con
deciso coraggio, dalle sue origini propugna il valore fondamentale dell’Amore e
della ricerca del Dio unico che attraverso il messaggio e la testimonianza del
Cristo ci viene trasmesso per opera dello Spirito Santo e si discosta, pur nel
rispetto di tutte le opinioni, da presuntuosi agnosticismi o cammini pseudo mistici
di altre affiliazioni. A differenza di tanti, troppi, altri
ermetisti che non hanno coscienza del valore universale cristiano, noi siamo in
un cammino di preghiera che nasce dal credo cattolico. La Chiesa per noi è
Cattolica Apostolica Romana. Certamente, il nostro rituale di preghiera,
costante e quotidiano, utilizza più spesso la formula degli antichi salmi che
quella della liturgia tradizionale, ogni nostra giornata infatti comincia
recitando il Salmo 90 per l’aiuto e la protezione divina. Tuttavia, ci accomunano
la pratica quotidiana, il bisogno della luce del Signore, la consapevolezza del
sacrificio del Cristo, la coscienza della discesa dello Spirito e l’Amore
infinito per la Vergine Maria che noi chiamiamo anche col
suo nome ebraico Myriam. Per questo motivo, tutti i giorni preghiamo per la
guarigione di quei sofferenti nel corpo e nello spirito che si rivolgono a noi
e che più hanno bisogno di sostegno, un sostegno fornito incessantemente e
disinteressatamente per Amore verso Dio e verso la Vita. Il mio adorato zio, Salvatore Mergé, a
cui è intitolata la nostra Scuola, mi insegnò fin da piccolo il valore
essenziale della preghiera quotidiana e, oltre a trasmettermi la responsabilità
verso la Scuola e i fratelli, mi ha introdotto alle più belle e liriche
preghiere che rendono più umana la vita di ciascuno di noi: il Padre Nostro,
l’Ave Maria e, per lui fondamentale, il Gloria al Padre. Santità, per questo motivo, con
deferenza, rispetto e umiltà devota, mi permetto di inviarLe il mio pensiero sul
versetto del Padre Nostro più discusso e sul quale Lei stesso si è anche
pronunciato, ispirando ulteriormente il mio pensiero. Ho scritto e pubblicato anche sul nostro
sito (www.scuolaermetica.it) questa lettera che allego, sperando di stimolare in
chi vorrà leggerla la riflessione sulla magnificenza e sulla potenza salvifica del
Padre Nostro, sull’urgenza di recitarlo costantemente e sulla necessità di dare
più chiarezza alla Parola che disseta l’anima. Sperando di farle cosa gradita
inviandoLe questa mia, come figlio, fratello e sincero fedele, Le porgo ogni
ringraziamento per il tempo che vorrà dedicare ad ascoltare la mia umile
riflessione. Prego per Sua Santità, per la nostra Chiesa e per l’evoluzione
dell’Umanità come ho sempre fatto ogni giorno da quando ero solo un bambino. Renato De Angelis |
LISTA ARTICOLI
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- LA COSCIENZA CHE DIVIENE AMORE DI DIO
- UN OMAGGIO AL MAESTRO GIULIANO KREMMERZ
- LUZ, IL NOCCIOLO DELL'IMMORTALITÀ
- ESEMPI DI PRUDENZA E SAGGEZZA
- LA DIMENSIONE TRASCENDENTE È IL CULTO DIVINO.
- DAL LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEV
- APPENDICE AL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ SULL’ "ALCHIMIA MATERIALE"
- PREGHIERA A MARIA
- LE MOTIVAZIONI CHE INDUSSERO GIULIANO KREMMERZ A ESCLUDERE I MASSONI DALLA NASCENTE E FUTURA FR+ TM+ DI MYRIAM.
- GALILEO ALL'INFERNO
- CONSIDERAZIONI FRATERNE
- IL VIAGGIO DI DANTE ALLA LUCE DEI RIMANDI ASTRONOMICI
- UN PENSIERO DI RINGRAZIAMENTO PER IL TESTAMENTO SPIRTUALE DEL M° SALVATORE MERGÉ
- LETTERA DI RINGRAZIAMENTO A FIRMA DI UN FRATELLO DI HERMES
- NOTIZIA STRAORDINARIA !!!
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- LA PICCOLA CORONCINA PER LA DIVINA PROTEZIONE
- CURIOSITA' ASTRONOMICHE
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- LETTERA A S.S. PAPA FRANCESCO
- MISURARE IL TEMPO IN CHIESA CON IL SOLE
- LETTERA DI RINGRAZIAMENTO E ALCUNE RIFLESSIONI SUL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ
- IL CUORE
- IL TERZO OCCHIO LA GHIANDOLA PINEALE O EPIFISI
- SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
- LA BOCCA: LA PORTA DEL TEMPIO
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- ISIDE REGINA
- PREGHIERA A ISIDE
- LA LEGGE DELLE LEGGI
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- ALMANACCO 2018
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- IGNIZIAZIONE: IL VALORE DELLA PURITÀ
- LA TAVOLA ZODIACALE - SECONDA PARTE E FINE
- LA TAVOLA ZODIACALE - PRIMA PARTE
- MACROCOSMO E MICROCOSMO
- SIMBOLISMO DEGLI ANIMALI SACRI DELL'ANTICO EGITTO
- ASTRONOMIA AD OCCHIO NUDO
- KEPLERO IL PREVEGGENTE
- ILLUMINAZIONE ... VENDESI
- IL PROFESSORE DI FILOSOFIA
- RICORDO HIROSHIMA
- SCHEDA ESOPIANETI
- CIO' CHE E' IN BASSO E' COME CIO' CHE E' IN ALTO