SOMMARIO: La Scuola Ermetica — Nosce te ipsum — in che consiste l’ermetismo — le concezioni della scienza sperimentale — La nostra Scuola è materialista — Il pensiero è materia — L’anima — Spirito è soffio — Il morire e il rinascere — L’unità cabalistica — L'umanità è una e uno è l’Universo — la concezione mistica neoplatonica — Magia e spiritismo — Il perispirito e la sua funzione secondo gli spiritisti .— L’uomo e gli animali — La filosofia sottile e il problema dell’anima umana — Il Grande Arcano degli Iniziati Orfici — L’orgoglio umano — Le realizzazioni dell'uomo e le possibili sue conquiste — Il centro ignoto delle Idee Universali — La possibilità della creazione di un secondo corpo — La continuazione della vita — Esistono esseri invisibili? Gli Eoni — La falce di Saturno.
Discepolo. — Perchè allora questa scuola si chiama Ermetica? Nel vocabolario della nostra lingua non vi è che la parola Erma, che si riferisce alle antiche colonnette, sormontate da una testa di Mercurio, come se ne vedono in tutti i musei italiani e che servivano ad usi diversi — e poi l’avverbio ermeticamente per definire una chiusura, un tappo, un suggello che impedisca il passaggio dell’aria. Questo fu detto e scritto dagli alchimisti che dovevano coprire non so quali materie, per arrivare alla pietra dei filosofi, in maniera da non farle putrefare. Allora ho creduto che questa scuola fosse costituita da un gruppo di studiosi che ha da tenere ben conservati certi secreti che non si dicono a tutti, cioè arcani ermeticamente nascosti.
Giuliano. — Che idee! Dovete comprendere invece che noi siamo Italiani, Italici della Magna Grecia e Latini e Romani — che il nostro antico dio, fattore e creatore di tutta la nostra antica civiltà, fu il messaggero della Luce degli dei, Ermete — il quale, con o senza la santità, corrispondeva un po’ allo Spirito Santo che per i cristiani porta la divina ispirazione — e per quanto nella favola questo nostro Mercurio lo vedete e lo leggete in poche posizioni sacre e in molte libertine, fu chiamato Trismegisto, tre volte sommo in santità. Ermete quindi, greco ed egizio, è il Mercurio latino e il Thot del Grande Nilo. L’antica mitologia, ritenuta finora come un grande ammasso di favole senza significato alcuno, imbastite come i racconti pei bambini, è una enorme enciclopedia teologica in cui le divinità rispecchiano forze ed energie della natura, intorno alla quale si addensavano tutte le splendide personificazioni della sua potenza. Mercurio o Ermete, ambasciatore tra le divinità e l’uomo, rappresenta il vero legame tra il finito e l’infinito, tra il mistero della Natura e la comprensione umana a cui l’Idea nuova arriva come un messaggio della intelligenza universale. La nostra scuola si chiama dal suo nome, come se portasse il discepolo in contatto delle forze divine dei cieli dove risiedono gli Dei. Quindi niente di secreto, niente da nascondere. Ciò che è secreto è la parte che l’uomo e lo studioso e il ricercatore ignorano; secreto per forza maggiore, perchè la divinità dell’Olimpo ce lo nascondono quantunque Mercurio nostro vada e venga per chiedere spiegazioni agli altolocati degli Elisi che non gli dànno risposta. Un grande secreto che le divinità olimpiche (intendete la natura) hanno tenuto per migliaia di secoli nascosto è il telegrafo senza fili; Ermete, ladro divino, ne ha rubato il secreto poco a poco e lo ha, per pezzi separati, svelato all’uomo più atto e pronto a comprenderlo, il nostro connazionale Marconi, e l’umanità se ne giova. Mercurio portò all’uomo la scoperta dei secreti più necessari, dalla maniera di accendere il fuoco al riscaldamento elettrico, al gas per illuminazione e a tutte le invenzioni maravigliose di oggi. Il metodo di insegnamento è non altro che un avviamento perchè il discepolo possa entrare nel pieno possesso dei poteri divini che sono nascosti nell’organismo umano. Dovete comprendere che l’uomo non è completo come voi lo vedete, e come voi stesso vi sentite. Egli ha in sè dei poteri e delle facoltà di cui nella vita quotidiana non si dà alcun conto. Anzi quando qualcuno viene a dirvi che voi potreste compiere atti mentali prodigiosi, voi ne ridete come di cosa impossibile.
Discepolo. — E’ giusto. Noi non possiamo credere a cose che ci hanno insegnato come assurde. L’essere umano, una volta, era considerato come l’animale ragionevole, cioè, che, a differenza delle bestie, parla, opera, considera, discute, edifica case, apre le vie di comunicazione, costruisce vascelli, carrozze, automobili, utensili da lavoro, e quanto gli occorre nella vita. Se qualche cosa compie che prima non era stata fatta, gli si dice che è un genio. Ma oggi, preponderando il concetto materialista, l’uomo è quello che è : uno strumento di produzione per sè e i suoi simili, un fattore della ricchezza della sua patria, un numero di matricola se è un soldato che deve concorrere alla difesa del suolo del suo paese natale. Se gli si lascia un po’ di tempo per divertirsi, gli si raccomanda con calore e a nome della scienza che coltivi la ginnastica, diventi un atleta al salto, ai pesi, al pugilato, alla lotta romana, alle corse a piedi, al giuoco del pallone e agli altri passatempi sportivi; ma nessuno gli dice: va a leggere e praticare tali e tali altri esercizi mentali — perchè i tempi sono questi e parlare di poteri supernormali è cosa da far ridere anche i gatti.
Giuliano. — Non emettete giudizi su quello che attualmente è la società umana e su quanto essa prende in considerazione. Voi non potete pronunziare una sentenza sugli errori e la virtù dei tempi : gli avvenimenti storici, come i metodi e la moda della vita, si giudicano serenamente dopo che son passati, e il giudice è neutro nei suoi apprezzamenti. Noi proveniamo da una concezione educativa che produceva una schiera immensa di pallidi intellettuali, capaci di sgobbare lunghe ora sui libri, anchilosando le giunture e atrofizzando i muscoli — e di religiosi e mistici nella contemplazione meditativa che sentiva qualche cosa della immobilità fachirica. Ora, invece, si trova che bisogna pensare alla valitudine del corpo disgraziatamente abbandonato alla prevalenza metafisica. In quanto allo sviluppo di poteri supernormali nella media degli uomini, non e ancora maturo il tempo da prenderli in considerazione, perchè non ancora le università degli studi possono presentare conclusioni certe sugli argomenti dubbi di questa possibile avanzata dello spirito umano, come classe, come legione, come folla. E’ vero che sono più di cinquanta anni che scienziati riconosciuti si son messi a studiare di proposito tutta la fenomenologia dei soggetti che vantavano poteri supernormali, per affrontare la soluzione dell’enigma della mente umana — ma è anche vero che a conchiusioni inconfutabili non si è ancora arrivati. Dunque nessuna convenienza pei dirigenti o gli esponenti dell’umano consorzio di prescrivere anche degli esercizi psichici. L’insieme dell’essere umano, finché la scienza è metodo sperimentale puro, non può essere considerato che come materia, niente altro che materia. Lo spiritualismo è ideale, è poesia, è profumo che monta alle divinità modellate sui desiderii perfetti o ignobili della umanità. La scienza invece deve affermare: la cosa è o non è. Il professore saggio e dotto non può dire: Io credo che ci possa essere una facoltà non normale nell’uomo che valga a fargli vedere attraverso un muro. Lo scienziato deve affermare: esiste e può esistere una facoltà tale nell’essere umano — oppur non esiste o non può esistere una tale facoltà anormale. Opinioni per sentito dire non approdano a niente — non dimostrano niente. Ma fino a quando la scienza non ha preso in considerazione un determinato concetto e ne ha fatto scopo di studii serii, nessuno ha il diritto di sorridere e tanto meno di ridere. La nostra Scuola, dal punto di vista sperimentale, è prettamente materialista, perchè l’essere umano, mente e corpo, non è che materia organizzata o in organizzazione; i fenomeni non normali che noi studiamo in lui sono produzioni del suo organismo, quindi della materia che lo costituisce. Il pensiero, in tutte le forme diverse che esso assume in noi, è possibile in quanto l’organismo (materia) è sano.
Discepolo. — Voi allora credete in un pensiero materia? credete che cessando l’organismo e disfacendosi in modo da non conservare la sua integrità, non è possibile pensare? insomma l’anima è qualche cosa che sta col corpo e agisce finché il corpo è nelle sue funzioni.
Giuliano. — Perfettamente così. Un colpo di bastone sul capo e il pensiero cessa. Una commozione generale per una caduta e non si pensa più. Qualche droga tossica nello stomaco e arriva uno svenimento e addio pensiero.
Discepolo. — Maraviglioso! stupefacente! Il vostro ermetismo nega l’anima umana che nessuno finora con una rudezza categorica simile ha mai negato. Ci sono certi filosofi attentati a metterla in dubbio, ma voi non perdete chiacchiere, voi negate, annullate, distruggete una cosa che dalla creazione del mondo l’animale uomo ha sempre creduto reale e vera.
Giuliano. — Per noi, per la nostra scuola, l’idea dell’uomo è una concezione complessa, sintetica, e, preso come tipo, astratta. Edipo scioglie l’indovinello. Sa che il mistero di tutta l’umanità risiede in quest’estremo zoologico tipo uomo. Idea complessa, perchè dalla periferia visibile del corpo umano bisogna scendere alla disamina di tutto l’insieme dei fattori che costituiscono il glorioso animale pensante.
Discepolo. — Mi pare un po’ umiliante per questo re della creazione che si chiama uomo, animale squisitamente nobile, che ha compiuto tante e così sorprendenti cose, che voi lo riduciate a un corpo materiale alimentato da un venticello o da una macchina a mantice che gli somministra l’aria secondo il bisogno.
Giuliano. — Mi dispiace per la vanagloria umana; sono dolente paragonare una creatura geniale o un giovane laureato nelle matematiche sublimi a un mantice da fabbro ferraio. Ma se devo dire le cose come le vedo, non posso tradire il mio pensiero per far piacere a Cristoforo Colombo. Secondo questa filosofia lo spirito o l’anima dei morti dovrebbe essere un soffio, un venticello che ha perduto il vaso da cui usciva per rientrare a piacere; un’aria che ha perduto la bottiglia che la conteneva. La logica pedestre direbbe che se l’aria che il moribondo spirando manda fuori non è che aria, essa va a confondersi con tutto il resto dell’atmosfera che ci circonda — e che se invece è diversa per i fattori differenti che la compongono, non potrebbe ricominciare le sue funzioni che quando un nuovo recipiente arrivasse per intrattenerla. Diremmo cioè quando è passata in un nuovo corpo umano.
Discepolo. — Anche questo! Morire e rinascere, morire e rivivere, resurrezione dal sepolcro e ricomparsa sulla ribalta umana!
Giuliano. — Se vi piacesse di morire in maniera definitiva fate il vostro comodo; io vi parlo in un astratto... un po’ concreto, come parrebbe, date le parole, dovessero le cose essere intese. L’idea cabalistica di considerare tutti gli esseri della massa umana come atomi di uno stesso corpo di materia vivente, vorrebbe dire che le anime spirate sono confuse in una unica massa omogenea che l’azione respirativa ed aspirativa dei vivi fa diventare attiva nei corpi dei superstiti, assorbendo le anime dei morti.
Discepolo. — Orribile!.....
Giuliano. — Tutta l’Umanità è Una. Come Uno è il sole preso come fonte di luce e di vita di tutto l’universo solare. Di conseguenza uno è Dio, perchè è il creatore ed il creato, cioè la sintesi personificata di tutto ciò che è visibile, Uno, Universo. Se questo enunciato cabalistico sia verità o bugia, non ci riguarda: ciò che preme è di vedere in qual maniera la concezione dello spirito è accaparrata dai mistici.
Discepolo. — Vi ascolto con piacere. Vi assicuro che non avevo mai guardata la questione da questo punto di vista. Ne sento ora discorrere senza preoccupazione di quanto ne hanno scritto gli altri. Io ho letto dello spiritismo e credevo che il secondo corpo, che racchiude e porta via l’intelligenza del morto, fosse fatto, come dicono, di materia più densa, aria più compatta, ed in questo modo potesse conservarsi senza confondersi con l’aria.
Giuliano. — E’ naturale l’idea: bisognerebbe che questa anima o vento dell’uomo che muore fosse qualche cosa come l’aria, e che non si confondesse con l’aria. In altri termini che avesse un involucro che non la facesse confondere con l’aria respirabile. Gli spiritisti ricorsero così alla creazione del perispirito. Questo perispirito sarebbe un secondo corpo, magari sottile fino ad una incomprensibile sottigliezza, ma atto a custodire l’anima e a non farla confondere con l’ària nella quale si disperderebbe. Se dovesse per la sua condensazione conservare la sua massa, bisognerebbe dimostrare fisicamente dove attingere la forza molecolare per mantenere costante la sua relativa compattezza. Ma secondo il misticismo spiritico questo involucro leggerissimo, contenendo l’anima dell’uomo morto, si troverebbe ancora in possesso di tutte le funzioni dell’uomo vivente, senza averne le membra. Questa bolla di sapone potrebbe vedere meglio che gli umani, sentire meglio che l’uomo vivo, dare dei consigli ai viventi ed all’occorrenza intervenire nelle cose umane. Bella e nobile fantasia
Discepolo. — Mi pare argomento da mettersi in prova. Mi sembra che in tutti i casi, se le cose procedessero così, sono i morti che avrebbero bisogno dei vivi!
Giuliano. — Se riflettete che l’uomo e un qualunque animale differiscono essenzialmente non pel valore morale, intellettuale, psichico, ma semplicemente perchè l’uomo vivente ha la mano con le sue articolazioni che opera e la bocca atta a parlare, capirete facilmente che l’insieme bestiale che è in termini eguali nell’uomo e nell’animale non può in modo eguale manifestarsi ed agire nei due tipi zoologici. Nè, mancando gli altri animali di mano e di parola, possiamo noi sapere se possono avere meccanismo pensante simile al nostro e non sviluppato perchè mancante di esercizio nella facoltà che si atrofizza. Conosciamo gli animali attraverso le osservazioni rudimentali, spesso attraverso la simpatia e la carità che ci ispirano; ma che ne sappiamo? Sapete dirmi perchè i passerotti cinguettano tutto il giorno? perchè l’usignolo canta? perchè il merlo in qualunque regione viva non emette che le stesse note con lo stesso ritmo?
Discepolo. — E chi lo sa?
Giuliano. — Avete mai osservato il cane che sbadiglia? il cane che sente la sua padrona suonare il pianoforte o la vede cantare e che per imitazione apre la bocca ed emette un guaito? Ebbene, se il cane avesse perfezionati i mezzi vocali, quando sbadiglia direbbe: mi sono seccato! e quando apre la bocca, per imitare la padrona, canterebbe. Ora ritorniamo alla bolla di sapone ad imitazione dell’anima racchiusa in una vescichetta di materia sottile senza nome, e pensiamo se questa possa meglio del cane sbadigliare o fare un tentativo di canzone.
Discepolo. — Deve essere una pena terribile il pensare e non potere esprimere il pensiero. Il vedersi mancare ogni mezzo di manifestarlo o attuarlo, essendo privi degli organi necessari!
Giuliano. — La filosofia astrusa, curiosa, insondabile, che Cornelio Agrippa chiamarebbe sottilissima, che noi chiameremmo ermetica nei tre gradi del comprensibile divino, vorrebbe risolvere il problema dell’anima umana in corpo vivo, e il secondo problema dell’anima nella conquista della sua integrità dopo la morte. Quest’ultimo dovrebbe essere il grande arcano degli antichi iniziati orfici e continuatori. Vedete dove arriva la follia dell’uomo sapiente, l’impenitente sognatore, orgoglioso come il serpente della bibbia, padrone essenziale di mutare le cose secondo la natura. Oh San Tommaso! D’altronde nessuno ha il diritto di ridere dopo le grandi innovazioni e le grandi conquiste di questo miserabile sognatore, che vive sofferente la sua vita umana, tra infermità fisiche e impotenza mentale, in un rapido evolvere di una esistenza dolorosa e spesso spasimante, nutrendo una costante ambizione di sentirsi Dio.
Discepolo. — E’ vero, il nostro orgoglio è grande, ma, dopo tutto quanto l’uomo ha compiuto, il successo pare gli dia un po’ diritto ad essere superbo di sè stesso e della sua opera.
Giuliano. — Ed allora perchè ridere o sorridere quando si annunziano al pubblico le possibilità di soluzioni di problemi nuovi e inauditi? Chi avrebbe predetto la realizzazione del volo ad altezza vertiginosa, quando trenta anni fa nelle scuole si spiegava che Icaro aveva volato incollando le ali alle sue spalle con la cera e che i raggi del sole l’avevano squagliata? Icaro era un aviatore dei tempi preistorici? Ma trenta anni fa l’umanità progredita non aveva che una idea fanciullesca di questa realtà di oggi che già non maraviglia più nessuno. E la fotografia? E il telegrafo? E l’illuminazione elettrica? E la telegrafia senza fili? E la telefonia? E il fonografo? Ma avete il coraggio di ridere quando un filosofo della scuola ermetica sogna che l’uomo, con la morte, possa partorire sè stesso? In altri termini, non emettere il suo spirito (aria, vento, soffio) ma un secondo sè stesso, che contenga lo spirito e gli fornisca un corpo simile od uguale all’umano, di una materia invisibile agli occhi dell’uomo comune? Verbum caro factum est; realizzare il perispirito profetato dagli spiritisti come cosa esistente. Allora un’uomo eterno? Indistruttibile, capace di compiere in mentalità e fisicamente quello che l’uomo ordinario può con le membra e principalmente con la sua mano realizzare? E’ un paradosso? Ma prima della macchina a vapore l’assemblea dei Savii Umani e specialmente i teologi decretavano non potere l’acqua col fuoco far camminare un battello.
Discepolo. — Dunque gli spiritisti di Allan Kardec hanno fatto un po’ da precursori: hanno dato per compiuto una umanità che avesse risoluto il problema della vita a continuazione perpetua. Per lo meno è un elogio.
Giuliano. — Non siate ironico. Tutte le idee e le scoperte nel mondo dei vivi sono concatenate in maniera che l’una si attacca all’altra, l’una rende possibile la pratica dell’altra. Senza il telegrafo non sarebbe possibile far camminare i treni alla velocità attuale. Vi è un centro universale, di incerta topografia, donde scaturiscono le idee e i problemi nuovi che l’umanità presenta a sè stessa. Dove stia questa sede centrale delle idee universali, chi lo sa? Prima della linea concreta, spesso gli uomini afferrano a volo delle idee embrionali che devono risvegliare e concretare idee che non si potrebbero avere tutte in una volta. Questo che io vi dico voi non potreste comprenderlo se non aveste l’idea del perispirito. L’idea ordinaria di ogni buon spiritista kardekiano è il perispirito a forma del corpo che l’ha contenuto. Dunque gli spiritisti ammettono come compiuto il miracolo naturalmente, e che tutti gli uomini morendo escano ad una nuova vita con questo corpo più sottile che i filosofi ermetici e i magi nella loro filosofia intravedono come eccezionalmente creabile. E’ presa questa idea del perispirito dello spiritismo ordinario, dall’enunciato del problema degli antichi filosofi ermetici? Oppure è una maniera intuitiva popolare per far comprendere dove, evolvendo in certe determinate condizioni, l’uomo può arrivare? Di più, dato e non concesso che l’uomo possa raggiungere questo fine, di conseguenza viene il sospetto che delle persone che hanno ottenuto questo grado di rinnovazione di vita, possano vivere, in mezzo a noi, invisibili e rappresentare se a noi sono cari, la nostra protezione, o, se ci sono odiosi, il nostro continuo ostacolo nel cammino della vita. E ne scaturisce un’idea più larga: se esistono degli uomini che morti hanno posseduto questo secreto di continuare una vita invisibile a lato dei loro simili viventi sulla terra, non potrebbe darsi che nelle medesime loro condizioni esista un popolo di esseri a noi invisibili, che, omologamente agli uomini, amano, pensano, agiscono, su di un piano non parallelo nè identico, ma spesso coincidente ed intrecciato al piano delle passioni vitali degli uomini? Sono questi gli Eoni dei filosofi della magia divina e divinizzante? E se questi esseri esistessero, non si potrebbe concepire una vita dell’uomo ordinario inconsapevolmente in amore o in lite con qualcuno degli elementi di questo popolo?
Discepolo. — Voi mi trascinate in nuove fantasie seducenti come le fiabe dei bambini: di grado in grado, di ramo in ramo, mi fate montare al culmine di un albero altissimo e di là si è presi da capogiro; si perde il controllo della ragione e si sente nell’orecchio la voce di un ingenuo: e se fosse vero? Se, dietro alla scena ordinaria e plebea della vita, esistesse un polo di semidei arroganti e bisbetici, che proteggessero o perseguitassero nello stesso breve campo del mondo questi o quello, dove sarebbe il principio di giustizia che è il fondamento etico della fede in Dio?
Giuliano. — Non confondiamo. La concezione magica della possibilità di trasmutazione dell’uomo in un semidio parteggiante l’immortalità olimpica, non è che un enunciato di possibilità, non un’affermazione mia. Se sapessi che vi sono e vi sono stati degli uomini di tale enorme levatura da immortalarsi e vivere invisibili, al di sopra di tutte le miserie quotidiane, credetemi che ve lo direi in quattro parole, come pure affermerei d’essere spiritista credente qualora ne avessi avuta una prova tangibile. E se cenoscessi il secreto di questa immortalità da raggiungere, col cuore pieno di affetto lo insegnerei a tutti; ma noi siamo nel campo delle ipotesi filosofiche e delle interpretazioni, i miei enunciati propongono quesiti, e lascio a tutti e ad ogni singolo studioso la libertà di indagare e conquistare.
Discepolo. — Ma io vorrei...
Giuliano. — Non fatevi venire nessun desiderio di domandare, perchè l’indice della pendola segna un’ora prima della mezzanotte, ora non buona a continuare questi curiosi ragionamenti...
Discepolo. — Vi fate comandare dall’orologio? Perchè alle 23 volete cessare questo dialogo che comincia ad interessarmi? Avete sonno?
Giuliano. — La vostra è una domanda che non regge sui trampoli. Il tempo è una divinità saturniana; vi si agita dentro lo stesso Saturno. A mezzanotte, la falce dell’inesorabile e famelico Dio si solleva e cade sulle cose compiute che non hanno più ritorno. L’onnipotenza di qualunque Nume non può distruggere nè cancellare le cose che sono passate realmente nella vita. L’uomo può dimenticarle, ma nessun Dio distruttore può fare che non siano state. Saturno solo può troncarle, falciarle, farle spegnere, ma non può decretare che non siano esistite. E’ lui stesso che vi si oppone — e se questo vi sembra oscuro, verrà il momento in cui vi parlerò del tempo, di questo grande e immutato mostro che in sè contiene i tre elementi del possibile: l’oblìo degli atti compiuti, l’attimo dell’amore che crea e si dilegua, il lampo tempestoso dell’incerto avvenire. Rimandiamo il nostro conversare, se volete averne godimento, al giorno di Mercurio, nella prima ora apollinea...
Discepolo. — Che mi duole aspettare, ma farò come mi dite e vi ringrazio.
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